Nel corso di un ecografia, può accadere di riscontrare piccole cisti epatiche (del fegato), in genere semplici e del tutto asintomatiche. Normalmente, queste piccole sacche piene di liquido sono legate a una condizione benigna, che difficilmente mette a rischio la funzionalità del fegato.
Quante tipologie di cisti esistono? Come bisogna trattarle? Ne parliamo con la dottoressa Valeria Malacrida, epatologa di Humanitas Mater Domini e Humanitas Medical Care Busto Arsizio.
Cisti al fegato: impariamo a conoscerle
Nella maggioranza dei casi, le cisti sono semplici, ovvero piccole raccolte di liquido, uniche o multiple, senza sepimenti (setti che separano due cavità), racchiuse da una parete nel fegato. In genere, sono di natura benigna e di origine congenita, legate cioè ad anomalie di sviluppo del dotto biliare. “In questo caso, può essere utile un controllo ecografico dopo circa 3 mesi dal primo riscontro ed un altro dopo un anno. Date le piccole dimensioni, raramente queste cisti possono diventare sintomatiche. Non sono necessari, dunque, dei trattamenti particolari”, spiega la dottoressa.
Esistono anche cisti più complesse, definite parassitarie (come le cisti da echinococco). In questo caso, il quadro dell’ecografia è più complesso e presenta sepimentazioni (divisione di una cavità tramite setti/sepimenti). Possono riscontrarsi sintomi come dolore e colore giallastro della pelle. Solitamente, questo parassita proviene da ambienti a rischio, con contatti con animali bovini e ovini. In caso di sospetto, sarà consigliato avviare una serie di accertamenti radiologici (come TAC e RNM) e sierologici, che potranno confermare la diagnosi. Il trattamento è farmacologico e può essere necessario un intervento chirurgico resettivo, che rimuova la cisti.
Più severa è poi, la malattia epatica policistica, spesso associata alla malattia policistica renale. In questo caso il fegato presenta molte cisti, anche di grandi dimensioni e spesso sintomatiche.
I possibili sintomi sono:
- Difficoltà digestive
- Dolore
- Gonfiore addominale
- Senso di pesantezza
“L’origine della policistosi è legata a mutazioni genetiche identificate nei geni PKD1 e PKD2. In questo caso il fegato può andare incontro a organomegalia (importante ingrossamento), pur mantenendo integra la sua funzionalità. In alcuni casi, dopo gli accertamenti radiologici appropriati (studio RNM) e quando i sintomi diventano invalidanti, può essere considerata la soluzione chirurgica con intervento in laparoscopia di fenestrazione delle cisti, che prevede l’asportazione della porzione della parete della ciste sulla superficie del fegato, ottenendo il suo svuotamento. Nei casi più gravi, si può arrivare al trapianto di fegato”, chiarisce la dottoressa Malacrida.
Altre cisti rare sono i cistoadenomi, formazioni benigne che interessano in particolare le donne e che possono anche evolvere in adenocarcinomi maligni. In base alle caratteristiche radiologiche emerse, la diagnosi indirizzerà verso l’esame specifico.
Solo un cenno alla malattia di Caroli, malattia epatica rara congenita, caratterizzata da piccole dilatazioni cistiche delle vie biliari intraepatiche, a volte associate a fibrosi del parenchima epatico (tessuto del fegato) ed a calcolosi intra-epatica. Solitamente si sviluppano sintomi di colangite acuta, con febbre, dolore e colore giallastro della pelle. La complicanza che nel tempo potrebbe insorgere è il colangiocarcinoma, cioè un tumore maligno delle vie biliari. La terapia si avvale di antibiotici e può arrivare alla chirurgia con resezione epatica o al trapianto.